Cercando di ricordarmi le cose che mi rendevano felice tanti anni fa, mi rendo conto di quanto tutto sia sciocco. Una volta in un libro ho letto "Il legno non brucia due volte" così come il passato non si ripete. Adesso devo pensare solo al futuro.
Da anni passo le notti con mio figlio negli ospedali, dormo con persone sconosciute nella stessa stanza, persone alle quali riesco a raccontare cose che neanche con i miei migliori amici riesco a condividere. Sembra che li conosca da una vita. Spesso mi è stato detto che sono coraggiosa, ma io credo di essere solo molto spaventata per la persona più cara che ho!
Alla Clinica di Sarajevo sono arrivata il 7/3/2006. Da quel momento è stato come se fossi un'impiegata della Clinica. Ogni partenza da li era accompagnata dalla speranza che mio figlio sarebbe stato meglio e che avrebbe iniziato a vivere, giocare e andare a scuola come gli altri bambini. Questa speranza mi dava la forza di continuare.
La prima colonscopia fatta a mio figlio è stata fatta senza anestesia. Lo vedevo piangere, gridare, mordere e graffiare dal dolore. Gli faceva male, mi faceva male. Pensavo che le cose andassero fatte così.
La diagnosi era colite ulcerosa.
Sinceramente non sapevo neanche cosa fosse, ma sembrava che neanche i medici lo sapessero perché non mi hanno spiegato niente. O forse non gli importava nulla.
Tornata a casa cercavo di capire, studiare dai libri, stampa e internet cosa fosse la malattia di mio figlio.
Poco tempo dopo i medici hanno scoperto un ascesso perianale a mio figlio che viene operato il 13/09/2006 in Pediatria a Sarajevo. Era doloroso e spaventoso.
Dopo questa operazione Emir, mio figlio sembrava stesse meglio, ha iniziato ad andare a scuola, non ci sono state feci sanguinolente fino a settembre del 2007.
Di nuovo abbiamo fatto la colonscopia ma questa volta sotto anestesia. Abbiamo passato 2 mesi in ospedale.
La diagnosi questa volta era CROHN alla base del quadro clinico, la biopsia non era riuscita e la terapia data è stata Salofalk 3* 500g e Imuran 50mg.
Ma la situazione non migliorava. C'era ancora del sangue nelle feci e passavamo intere giornate a fare dei controlli. La salute del mio bambino peggiorava di giorno in giorno.
Nel novembre del 2008 abbiamo fatto di nuovo la colonscopia, dopo la quale Emir è stato molto male. Non si è alzato dal letto per 15 giorni. Il sangue nelle feci era sempre più abbondante, ma la diagnosi dei medici rimaneva la stessa, anche se la biopsia di nuovo non aveva confermato che si trattasse di CROHN perché non erano stati presi abbastanza campioni.
Il mio bimbo diventa apatico, stanco, senza voglia di fare niente. Va a scuola ma ha dei problemi sia con i maestri che con i ragazzi perché pensano che finga per saltare le lezioni quando dice che ha mal di pancia. In quel periodo aveva perso tanti chili ed era molto pallido. Quando lo accompagnavamo a scuola noi gli portavamo lo zaino e i libri, cosa che di nuovo aveva creato problemi a Emir perché gli altri bambini gli dicevano che era un handicappato e incapace perché non riusciva a fare niente da solo. Questo lo feriva molto e spesso piangeva. L'unica cosa che lo rendeva felice era l'inverno, lo sci e lo studio a scuola.
A novembre del 2009 ha fatto di nuovo la colonscopia dopo la quale non è più uscito dall'Ospedale.
Da quel momento iniziano tutte le nostre sofferenze, inizia la battaglia per la vita.
Inizia di nuovo a sanguinare tanto, la dottoressa prova vari tipi di farmaci, li cambia in continuazione, non so neanche più cosa gli stessero dando. Spesso ci mandavano dal Chirurgo, ed una volta ci hanno proposto di eliminare un pezzo del colon. Io mi sono opposta perché sapevo che esistono le cure e che un intervento del genere era l'ultima cosa da fare. Anche Emir rifiutava di farlo. Pregavo sempre Dio per un aiuto, perché credevo che esistesse un posto migliore per curare il mio piccolo. I giorni e le notti difficili mi obbligavano a cercare una via d'uscita a questa situazione.
Le persone buone erano con me, dandomi il coraggio di continuare mentre i cattivi dicevano che è semplicemente il destino e che le cose devono andare così. Spesso dicevo che solo Dio sa come andranno le cose e che il mio compito era andare avanti. L'attenzione di familiari, amici e miei concittadini mi faceva andare avanti facendomi credere nell' impossibile.
Non posso dire che la paura fosse un sentimento poco presente. Mi perseguitava ogni secondo ma io la mandavo via come il nemico più feroce. Le giornate e le notti le passavo sulla sedia accanto al letto di mio figlio leggendo a voce alta vari libri. Alcune persone pensavano che io fossi pazza perche credevo che fosse possibile andare all'estero a curare la malattia di mio figlio, ed io forse sono riuscita in questo intento proprio perche ero "pazza": chi lo sa?! Ma credo che ogni madre farebbe lo stesso, se ho desiderato il meglio per mio figlio, anche se era una cosa impossibile, perchè anche le altre mamme non possono farlo? Portare il proprio figlio in una buona clinica, dargli la speranza dicendogli che "la malattia non è la fine" e che può vivere come tutti gli altri. Questo è pazzia?
Cosi é iniziato tutto. Dividevamo la stanza con un'altra mamma che ha passato tanto tempo in ospedale con suo figlio. Tre compleanni, tutti e tre festeggiati in ospedale. Gli abbiamo comprato qualche cosina e una torta. I bambini sanno gioire per così poco, non tenendo conto del posto, del tempo. Tutti eravamo felici. Almeno in quell'attimo.
Emir col passare dei giorni diventava sempre più pallido, csausto. Un giorno é venuta Aida, una signora che faceva volontariato per l'organizzazione umanitaria "Srce za djecu"-"Cuore per i bambini" chiedendoci come stavamo, perché eravamo li, qual'era la diagnosi. La mia prima impressione di lei non fu buonissima, non sapendo che sarebbe stata il nostro angelo. Dopo questo incontro Emir si sentiva sempre peggio, le varie terapie che gli davano non davano nessun segno di miglioramento. I dottori dicevano che doveva fare l'operazione e rimuovere il colon. Hanno consultato i medici di Belgrado e Zagabria che hanno confermato che l'unica opzione era l'operazione. Emir era sempre più malato. Durante quei 15 giorni non ho chiuso occhio pensando al mio piccolo. Ho chiamato le persone che conoscevo ma anche quelle che non conoscevo, cercavo i dottori chiedendo un'altra opinione. Via tv cercavo gastroenterologi. Un giorno mi è arrivata la chiamata di Aida, la signora dell' organizzazione che ha proposto il trasferimento in Italia.
Ero felice. Finalmente potevo vedere la luce in fondo al tunnel.
Non sapevo cosa aspettarmi dal viaggio in Italia, ma volevo sentire le opinioni di altri medici. Mio figlio ha solo 12 anni. L' asportazione del colon non significava la fine della malattia ma tanta sofferenza.
Con tutte le forze volevo che avesse un'altra possibilità.
In una decina di giorni Aida e l' organizzazione hanno preparato tutto e noi siamo partiti per l'Italia.
Con l'appoggio del Prof. Pedretti, cardiologo di Fiorenzuola, del Sig. Daneri che si occupa di assistenza umanitaria, abbiamo saputo dell'esistenza di un Centro Specializzato di Gastroenterologia nell'Ospedale di Parma. Ora mio figlio è seguito in questa città dal Prof. de'Angelis e dalla Dott.ssa Fornaroli con il sostegno della Associazione Snupi ONLUS.
Siamo immensamente grati a Dio, ad Aida, all' Italia e alle tante persone buone che ci hanno aiutato.